Autore: Alberto Cossu – 02/07/2025
I dazi di Trump sull’India: implicazioni strategiche e conseguenze globali
Alberto Cossu
Il presidente Donald Trump ha annunciato (31/07/2025) l’imposizione di una tariffa del 25% su tutte le importazioni provenienti dall’India, accompagnata da una “multa” aggiuntiva specifica legata ai massicci acquisti indiani di petrolio e armi dalla Russia. Se da tempo si attendevano misure protezionistiche nell’ambito delle negoziazioni commerciali in corso, il collegamento esplicito fra questioni energetiche e sanzioni è stato percepito come un cambiamento drastico nella politica commerciale statunitense, con profonde ripercussioni per Nuova Delhi e per l’ordine mondiale.
Nel decennio precedente al 2025, le relazioni tra Stati Uniti e India avevano mostrato alti e bassi, oscillando tra retorica di partnership ambiziosa, dispute commerciali e interessi comuni in crescita. La decisione di Trump di imporre un dazio del 25%, valido dal 1° agosto 2025, arriva dopo anni di negoziati bloccati su un accordo bilaterale di libero scambio.
Gli USA avevano spesso criticato l’India per dazi elevati e barriere non tariffarie restrittive, mentre l’India sollecitava maggiore accesso per alcuni settori come il lavoro qualificato e richiedeva protezioni per l’agricoltura, settore cruciale. Ciò che ha sorpreso più di tutto è stato però il “penalty” aggiuntivo legato alle importazioni di energia e armi russe, a loro volta fondamentali per l’espansione economica indiana.
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, la quota di petrolio russo nelle importazioni indiane è passata dallo 0,2% a oltre il 35% nell’estate 2025, facendo della Russia il principale fornitore di greggio per l’India.
La logica strategica di Trump: oltre il commercio
La posizione del presidente Trump segna una netta svolta rispetto alle amministrazioni precedenti, in quanto lega apertamente questioni commerciali a scelte di politica estera e sicurezza energetica. Le motivazioni ufficiali sono doppie: punire i “dazi eccessivamente alti” imposti dall’India e, soprattutto, ridurre le entrate russe per soffocare le risorse economiche destinate alla guerra in Ucraina.
Sebbene Trump abbia definito l’India un paese “amico”, ha più volte criticato la sua riluttanza a schierarsi in modo più netto con gli USA contro la Russia. La decisione di imporre penalità rappresenta quindi un meccanismo chiaramente penalizzante per New Dehli, considerato il peso del mercato americano per gli esportatori indiani, che vale circa 190 miliardi di dollari all’anno.Con questa mossa, Washington mira a influenzare la politica estera di New Delhi e a costringerla a una scelta: mantenere la propria autonomia strategica o allinearsi più strettamente con l’Occidente.
La minaccia di tariffe colpisce non solo India e Russia ma viene anche interpretata come un monito verso tutti quei Paesi che continuano a intrattenere rapporti economici profondi con Mosca, aggirando le sanzioni occidentali. L’obiettivo di Washington è frenare ogni tentativo di spostamento verso un nuovo asse eurasiatico che sfidi l’ordine commerciale e geopolitico dominato dall’Occidente.
Le conseguenze per l’India
L’annuncio della tariffa ha subito provocato forti turbolenze nei mercati indiani: la rupia ha perso valore e i principali indici azionari hanno registrato cali significativi. Previsioni di analisti indicano un possibile rallentamento del PIL indiano tra lo 0,2% e lo 0,4% nel prossimo anno fiscale, con una crescita prevista che potrebbe scendere sotto il 6%, contro stime iniziali più ottimistiche.
Settori chiave per le esportazioni indiane, come tessile, farmaceutico ed elettronica, sono tra i più vulnerabili, mettendo a rischio posti di lavoro e sfidando gli sforzi per ridurre il surplus commerciale con gli USA, stimato intorno ai 44 miliardi di dollari.
L’agricoltura, che impiega oltre il 40% della forza lavoro indiana, è particolarmente esposta. Tentativi precedenti di liberalizzare questo settore nei colloqui con Washington avevano incontrato opposizioni decise. Ora, con le tariffe USA a far crescere la pressione, il primo ministro Narendra Modi deve affrontare critiche interne e la possibilità di forti tensioni sociali in vista delle elezioni.
Storicamente, l’India ha coltivato una politica estera di non allineamento e autonomia strategica, mantenendo buoni rapporti sia con Washington sia con Mosca. La replica di New Delhi alla minaccia di Trump è difensiva: l’imposizione dei dazi sono vista come un sfida diretta alla capacità indiana di mantenere una politica non allineata.
Esperti e diplomatici avvertono che il rischio è quello di un deterioramento dei rapporti bilaterali, specialmente mentre gli USA ottengono progressi più rapidi con altri partner asiatici. Per l’India, cedere alle pressioni significherebbe ridurre il margine di manovra nei confronti di Russia e Cina, mentre la resistenza potrebbe generare ulteriori sanzioni. Infine questa strategia potrebbe danneggiare le relazioni all’interno dei maggiori partner BRICS+.
Il rafforzamento dell’integrazione indiana nel sistema occidentale rappresenta da anni un obiettivo chiave nella strategia USA per contenere la crescente influenza cinese in Asia. La posizione dura di Trump rischia però di compromettere questo obiettivo e indebolire l’Indo-Pacific Economic Framework.
Un’India esasperata potrebbe intensificare il suo avvicinamento alla Cina e alla Russia, rallentando così la formazione di un fronte unito occidentale in Asia.
La risposta indiana: tra diplomazia e fermezza
Il governo indiano, attraverso il ministro del commercio Piyush Goyal, ha promesso di tutelare i settori sensibili e di cercare una soluzione negoziata “equa e vantaggiosa per entrambi”. Tuttavia, dietro le quinte, l’ammissione è che la pressione è alta, con l’opposizione politica pronta a capitalizzare la crisi. Inoltre crescono le perplessità per la decisione degli USA di appoggiare il finanziamento dell’estrazione di enormi giacimenti energetici in Pakistan che suona quasi come una provocazione essendo Islamabad un pessimisti rapporti con New Delhi.
Alcuni ambienti ritengono che la situazione potrebbe accelerare riforme interne e favorire la diversificazione dei mercati d’esportazione, soprattutto verso i Paesi BRICS; altri ritengono però inevitabili concessioni agli Stati Uniti per non compromettere le prospettive di crescita.
Da un lato si sottolinea come la pragmaticità economica possa spingere entrambi i Paesi a un riavvicinamento. Gli USA non vogliono spingere l’India troppo verso il campo russo e condividono con New Delhi interessi strategici comuni in Asia.
I negoziati proseguiranno quindi, con ipotesi di accordi intermedi che possano limitare l’intensità o la durata delle tariffe, legandole a progressi su riduzione di barriere non tariffarie o a incrementi nelle importazioni USA di energia.
Se Trump dovesse mantenere una linea intransigente, ne deriverebbero conseguenze negative sulla stabilità diplomatica: l’India potrebbe irrigidire le proprie posizioni nazionaliste, rafforzando la retorica cinese sulla inaffidabilità occidentale e indebolendo coalizioni e accordi multilaterali in fase di costruzione.
Più in generale, la strumentalizzazione dei dazi a fini geopolitici potrebbe compromettere la fiducia nel sistema commerciale globale e accelerare tendenze verso la regionalizzazione e disgregazione.
Conclusioni
La scelta di Trump di imporre tariffe sull’India, intrecciandola al dossier russo, segna un momento cruciale in cui politica economica e strategia geopolitica si fondono con effetti duraturi e significativi. Le ricadute per l’economia indiana, la sua politica estera e l’assetto globale possono di vasta portata. Ma come abbiamo detto è probabile che il bersaglio siano il gruppo BRICS+ verso il quale Trump ha sempre manifestato una non celata avversità. Nonostante la volontà di entrambi di trovare un’intesa, la vicenda dimostra la fragilità dell’ordine commerciale post-pandemico e la forza persistente della competizione fra grandi potenze nel condizionare le traiettorie degli Stati emergenti.