Autore: Giordana Bonacci – 06/08/2025
Geopolitica vettore dell’ordine globale. Dinamiche spaziali e attori strategici nella trasformazione del sistema internazionale di Aniello Inverso – Recensione a cura di Giordana Bonacci
Il saggio “Geopolitica vettore dell’ordine globale. Dinamiche spaziali e attori strategici nella trasformazione del sistema internazionale” (prefazione di Stefano de Falco – Callive, 2025 – ISBN 9791281485310 – Collana Heartland ISSN 3035-322X) di Aniello Inverso, rappresenta un contributo solido e articolato alla comprensione delle trasformazioni in atto nello scenario geopolitico contemporaneo.
Attraverso un approccio analitico multilivello, che intreccia prospettive teoriche, concettuali, empiriche e discorsive, l’autore propone una lettura critica e approfondita dei processi che concorrono alla ridefinizione dell’ordine globale. La geopolitica, in questa prospettiva, non è intesa unicamente come strumento di rappresentazione della realtà internazionale, bensì come un insieme di pratiche, discorsive e materiali, che contribuiscono attivamente alla sua configurazione.
L’intento dell’opera non si esaurisce dunque a descrivere i mutamenti storici e attuali del sistema internazionale, ma ambisce a sodarne le strutture profonde, facendo emergere le logiche spaziali e le dinamiche sistemiche che li sottendono.
In tale quadro, Inverso adotta uno sguardo interpretativo che pone in discussione le categorie della riflessione geopolitica, non limitandosi a tracciarne l’evoluzione, ma interrogandone criticamente i presupposti teorici e le implicazioni operative.
Nel primo capitolo, l’autore avvia la trattazione a partire dall’assunto che lo spazio non costituisca un semplice sfondo neutro, ma una dimensione attiva, polisemica e generativa del potere, in grado di influenzare strategie, orientamenti ideologici e rappresentazioni del mondo. Su questa base, viene proposta un’analisi rigorosa e articolata delle categorie concettuali e spaziali che, nel corso del tempo, hanno contribuito a definire e trasformare il pensiero geopolitico.
La riflessione si sviluppa attorno alla consapevolezza che la geopolitica non può prescindere dalla considerazione della collocazione geografica degli attori internazionali, dalle caratteristiche fisiche dei territori e dalle modalità con cui questi vengono occupati, attraversati e narrati. Inverso mostra come tali elementi non solo condizionino le dinamiche delle relazioni internazionali, ma concorrano attivamente alla costruzione dei dispositivi discorsivi e materiali che fondano l’ordine globale.
Inverso ricostruisce in modo sistematico lo sviluppo storico del pensiero geopolitico, soffermandosi sulle principali scuole e traiettorie teoriche che tra la fine del XIX secolo e il secondo dopoguerra, hanno cercato di interpretare la configurazione del potere internazionale a partire dall’analisi delle strutture spaziali e dei processi geografici. Viene così delineato il quadro della geopolitica classica, articolata attorno a due grandi direttrici interpretative.
La prima, di matrice tellurica, attribuisce centralità al controllo della terraferma, inteso come fondamento del potere geopolitico, da esercitare attraverso la conquista e l’occupazione territoriale. La seconda, di tipo talassocratico, riconosce invece il dominio delle vie marittime e degli spazi oceanici il principale vettore strategico per l’affermazione della supremazia internazionale.
A partire dalla fine degli anni Settanta, si afferma un approccio critico nei confronti della tradizione classica, giudicata eccessivamente determinista e ancorata a una visione rigidamente oggettiva dello spazio. Nasce così la geopolitica critica, che rifiuta l’idea di uno spazio neutrale e immutabile, per interpretarlo invece come una costruzione storica, politica e simbolica. In questa prospettiva, elementi come confini, mappe, narrazioni e perfino le immagini di amici e nemici sono analizzati come prodotti culturali situati, funzionali alla riproduzione di rapporti di potere.
L’obiettivo della geopolitica critica non si limita alla descrizione dell’organizzazione dello spazio, ma mira a decostruire le narrazioni egemoniche, rivelando i processi attraverso cui i significati spaziali vengono generati, manipolati e utilizzati per legittimare interessi strategici e gerarchie globali. Tale orientamento si articola in due principali filoni: da un lato, quello francese, più ancorato alla geografia politica e a una pratica militante del sapere geografico; dall’altro, quello anglosassone, teoricamente più elaborato, influenzato dal post-strutturalismo, dai cultural studies e dalla filosofia del linguaggio.
A queste due prospettive si affianca oggi un terzo indirizzo teorico che, pur non escludendo i paradigmi classici e critici, propone una lettura storica di lungo periodo dei mutamenti dell’ordine internazionale. Tale approccio ciclico interpreta il sistema globale come una struttura dinamica, segnata da regolarità e meccanismi ricorrenti che determinano cicli di ascesa, consolidamento e declino delle potenze egemoniche. Le crisi internazionali vengono così analizzate non come eventi isolati, ma come momenti sintomatici di una più ampia dialettica tra potenze stabilizzatrici e attori revisionisti, in un contesto segnato da trasformazioni strutturali di natura economica, tecnologica e strategica.
Successivamente, si presenta una riflessione su una dimensione spesso trascurata, ma cruciale: quella della produzione simbolica dello spazio. Vengono messi in luce i processi attraverso cui classificazioni geografiche, narrazioni identitarie e immaginari culturali contribuiscono a costruire gerarchie spaziali e a rafforzare strutture di potere. Lo spazio, in questa visione, non è più un contenitore fisico, bensì un campo semantico stratificato, plasmato da discorsi, immagini e dispositivi che lo rendono veicolo di egemonia e strumento di organizzazione dell’ordine globale.
Il secondo asse tematico dell’opera è dedicato all’analisi della crisi dei modelli bipolare e unipolare, e all’affermazione di nuove configurazioni geopolitiche contraddistinte da una crescente tendenza al multipolarismo e al policentrismo. In questa prospettiva, Inverso propone di applicare l’impianto teorico delineato nel primo capitolo all’osservazione delle trasformazioni che caratterizzano il sistema internazionale attuale, evidenziando la necessità di riformulare categorie interpretative alla luce della nuova complessità globale.
Il paradigma bipolare che ha segnato la seconda metà del Novecento viene qui analizzato non soltanto come una contrapposizione militare tra Stati Uniti e Unione Sovietica, ma come un sofisticato dispositivo politico e simbolico. Questo assetto ha infatti inciso profondamente sulla configurazione dell’ordine mondiale, non solo attraverso l’istituzionalizzazione delle alleanze e la proiezione della potenza militare, ma anche tramite la costruzione di appartenenze ideologiche, di “mappe morali” e di narrazioni strategiche che hanno contribuito a strutturare l’immaginario geopolitico globale.
Tale lettura consente di interpretare il bipolarismo come una forma di ordine spaziale e culturale, capace di influenzare tanto la percezione del mondo quanto i rapporti di forza tra gli attori internazionali. Il venir meno di questa configurazione e il progressivo emergere di un sistema multipolare pongono oggi nuove sfide analitiche: la crescente pluralità degli attori, l’articolazione complessa dei centri decisionali e la frammentazione degli spazi di potere impongono infatti un ripensamento delle categorie classiche, alla ricerca di strumenti teorici in grado di cogliere la fluidità e l’eterogeneità delle dinamiche globali contemporanee.
Il terzo capitolo si concentra sull’analisi di tre attori strategici – Russia, Cina e Turchia – che si configurano come potenze revisioniste nel contesto dell’attuale sistema internazionale.
Questi Stati non si limitano a mettere in discussione l’ordine egemonico occidentale, ma avanzano progetti politici autonomi, fondati su visioni alternative dell’organizzazione globale, in grado di ridefinire i presupposti storici, concettuali e spaziali su cui esso si è strutturato.
La loro azione si articola attraverso modelli di governance imperniati su una sovranità situata, su logiche gerarchiche asimmetriche e su nuove modalità di regolazione delle interdipendenze globali. Tali strategie non rappresentano semplici reazioni al paradigma liberale, ma delineano percorsi autonomi di costruzione dell’ordine internazionale, portatori di proprie architetture normative e simboliche.
In questo quadro, la Russia adotta una forma di regionalismo imperiale, facendo leva sulla nozione geopolitica di “vicinato estero” e intervenendo selettivamente in aree di instabilità strategica, i cosiddetti “archi di crisi”. La Cina, invece, costruisce una grammatica del potere fondata su infrastrutture materiali, dispositivi normativi e reti di interdipendenza selettiva, mirata a integrare crescita economica e riaffermazione della sovranità nazionale. La Turchia assume il ruolo di attore liminale e policentrico, capace di coniugare retaggi imperiali ottomani, proiezione marittima e pragmatismo multilaterale.
Il capitolo propone così una lettura originale delle traiettorie geopolitiche di questi attori, non intese come deviazioni da un modello occidentale, ma come espressioni autonome di produzione di ordine e significato. In tale prospettiva, lo spazio non è concepito come sfondo passivo delle dinamiche di potere, ma come costruzione performativa e strategica: la potenza si concretizza in architetture territoriali, il potere si manifesta nella modellazione di geografie funzionali, e l’identità politica prende forma nella produzione di mappe che riflettono visioni alternative dell’ordine globale.
Il quarto capitolo si distingue per un’analisi lucida e approfondita del ruolo che diritto e tecnologia svolgono nella definizione dell’attuale architettura del potere globale.
L’autore mette in luce come le democrazie occidentali – e in particolare gli Stati Uniti – abbiano storicamente adottato un impiego selettivo del diritto internazionale e della diplomazia multilaterale, piegandone spesso l’applicazione alle proprie esigenze strategiche. Il diritto non appare più come uno strumento neutrale o universale, bensì come una leva funzionale all’affermazione di interessi geopolitici specifici.
Questa dinamica si è ulteriormente intensificata con l’emergere di un’integrazione sempre più stretta tra dimensione normativa e innovazione tecnologica. La produzione del diritto non si limita più alla stipula di trattati o alla codificazione di norme multilaterali, ma include oggi il controllo di standard tecnici, protocolli digitali, reti satellitari e infrastrutture informatiche che definiscono i presupposti materiali e simbolici della connessione e dell’interazione globale.
In questo scenario, il diritto internazionale tende a perdere il suo carattere universalistico per configurarsi come una grammatica differenziale, selettiva e strumentale, capace di giustificare interventi, marginalizzare soggetti e ridefinire le geografie della sovranità. Parallelamente, la tecnologia – nei suoi aspetti scientifici, infrastrutturali e algoritmici – non si limita a supportare l’azione geopolitica, ma la precede, la condiziona e ne orienta le traiettorie.
In un contesto segnato dalla proliferazione dei conflitti ibridi, delle operazioni non convenzionali e dall’estensione del confronto strategico a spazi immateriali come il cyberspazio e l’orbita terrestre bassa, le tradizionali distinzioni tra pace e guerra, tra civile e militare, tra legalità e forza, risultano sempre più sfumate e instabili. L’innovazione tecnologica, soprattutto nella sua dimensione “dual use”, assume così un ruolo centrale nella definizione di un nuovo ordine strategico, dove strumenti come droni, satelliti, software e intelligenze artificiali diventano dispositivi di dominio.
Persino la produzione di sapere scientifico entra nel campo della contesa geopolitica, attraverso politiche di restrizione della conoscenza, controllo delle tecnologie critiche e forme di competizione cognitiva tra le grandi potenze.
Il capitolo si conclude con una riflessione articolata su due tendenze convergenti: da un lato, il progressivo superamento dell’universalismo giuridico in favore di normative flessibili e contestuali; dall’altro, l’emergere della tecnopolitica come nuova dimensione costitutiva del potere globale. Esplorare l’intreccio tra diritto e tecnologia significa, in ultima analisi, comprendere i meccanismi attraverso cui si costruisce oggi la legittimità, si gestiscono le vulnerabilità e si ristruttura la sovranità nell’epoca della deterritorializzazione e del conflitto diffuso.
Nel complesso, Geopolitica. Vettore dell’ordine globale si configura come un contributo teorico ricco e intellettualmente stimolante, capace di superare visioni riduzionistiche dell’arena internazionale. Il volume si distingue per la sua capacità di coniugare approcci classici, critici e ciclici, offrendo un quadro interpretativo multilivello che interroga in profondità le trasformazioni del potere globale.
Pur risultando a tratti denso e teoricamente esigente, il lavoro di Inverso apre prospettive originali sullo statuto della geopolitica contemporanea, mettendo in luce come lo spazio, il diritto e la tecnologia si configurino oggi non come semplici strumenti della potenza, ma come sue condizioni costitutive. Un testo che, più che offrire risposte definitive, invita il lettore a ripensare criticamente le categorie con cui interpretiamo l’ordine mondiale.
Giordana Bonacci – Master’s degree in ‘Investigation, Crime and International Security’, University of International Studies of Rome. Bachelor’s degree in Sciences for Investigation and Security, University of Perugia. Analyst at Vision & Global Trends International Institute for Global Analyses, within the project Società Italiana di Geopolitica.

I volumi della collana Heartland – Storia e Teoria della Geopoltica sono reperibili presso l’editore (Edizioni Callive/Media&Books whatsapp: +39 339 495 41 75 – callive.srls@gmail.com) e le principali piattaforme di vendita di libri: Libroco, Amazon, Feltrinelli, Ibs, Libreria Universitaria, ecc.)