Autore: Arturo de’ Stefani – 03/07/2025
Alexander Langer (1946–1995): un profilo critico nel segno della pace e del dialogo
Nel trentesimo anniversario della sua morte, ricordare Alexander Langer significa interrogarsi radicalmente sul senso della politica e sul compito dell’Europa, della convivenza tra i popoli e delle coscienze individuali. Figura atipica nel panorama politico italiano ed europeo, Langer fu attivista, intellettuale, ecologista, ma prima di tutto “costruttore di ponti” “saltatore di muri” — secondo alcune definizioni che lui stesso scelse come vocazione.
La sua idea di pace non era quella pacificata e tranquillizzante di chi rimuove il conflitto: era al contrario una pace esigente, fondata sul lavoro quotidiano per la riconciliazione, sull’ascolto delle differenze, sulla fatica del disarmo culturale e simbolico. Il suo rifiuto dello “scontro di civiltà” non fu mai un semplice appello moralistico, ma la presa di posizione di chi sapeva che quel paradigma rappresentava il fallimento definitivo della politica come mediazione e come costruzione.
In questo, Langer dialogava idealmente con Giorgio La Pira, il “sindaco santo” di Firenze, che pure si era speso per la pace e il dialogo tra le religioni nel cuore della Guerra Fredda. Ma mentre La Pira parlava di civiltà del Vangelo e di una provvidenza storica cristiana, Langer manteneva una laicità rigorosa, aperta però al “religioso” come dimensione della cura, della fedeltà, dell’accoglienza. Entrambi, tuttavia, si muovevano nel solco di una politica intesa come ospitalità verso il futuro — un futuro che non si costruisce né con le armi né con i blocchi ideologici, ma con la fiducia che l’altro possa non essere un nemico.
E oggi? Di fronte a una politica italiana sempre più appiattita sulle logiche del riarmo, del ri-schieramento atlantico e della semplificazione bellicista, Langer avrebbe probabilmente posto domande scomode: chi paga il prezzo di questa sicurezza armata? Quali voci vengono messe a tacere in nome dell’unità occidentale? Quale pace stiamo preparando, e per chi? In un tempo in cui dissenso e complessità sembrano sospette, Alexander Langer ci ricorderebbe che la pace si fa disarmando prima di tutto le parole e le immagini che ci rendono incapaci di vedere l’umano nell’altro. E ci chiederebbe, ancora una volta, se siamo pronti a fare “un po’ meno carri armati e un po’ più ponti”.