Autore: Arturo De’ Stefani – 24/06/2025
Mondo Operaio 6/2025: una lente critica sul presente, tra storia socialista, fratture geopolitiche e nuove architetture regionali
Il numero di giugno 2025 di Mondo Operaio conferma la capacità della storica rivista fondata da Pietro Nenni di offrire, nel panorama italiano, uno spazio di riflessione colto e interdisciplinare, capace di tenere insieme diagnosi di contesto, memoria storica e ipotesi di riforma politica e istituzionale. Il fascicolo si articola intorno a tre assi portanti: la denuncia dei mali strutturali del sistema socio-economico italiano; la rilettura di figure simbolo del socialismo democratico, in particolare Anna Kuliscioff; e un ricco spaccato di analisi geopolitiche che si proiettano su scala regionale e globale.
L’editoriale di Cesare Pinelli, Competizioni al ribasso, è un affondo lucidissimo sui meccanismi di degrado sistemico in Italia: la preferenza per il prezzo più basso a scapito della qualità, l’esplosione dei contratti pirata, l’impotenza sindacale e la deriva di un sistema universitario minacciato dalla proliferazione di atenei telematici di bassa qualità. L’analisi è di forte interesse per studiosi di diritto del lavoro, economisti e politologi: mostra come la frammentazione sociale sia connessa alla mancanza di una visione strategica di lungo periodo e come la politica stenti a produrre risposte strutturali (leggi su salario minimo, rappresentanza, regolazione del mercato del lavoro).
Due articoli meritano particolare attenzione per chi si occupa di relazioni internazionali: Il crepuscolo del multilateralismo di Giampaolo Cadalanu e Asia Centrale di Tiberio Graziani. Se Cadalanu descrive con efficacia la crisi del sistema multilaterale come effetto di una governance globale obsoleta di fronte all’irrompere di nuovi attori, l’intervento di Graziani si distingue per l’originalità con cui rilegge la regione centroasiatica come pivot di un nuovo disegno di equilibri policentrici.
Graziani non si limita a descrivere la competizione tra potenze esterne (Russia, Cina, Turchia, Iran) per l’influenza su quest’area ricca di risorse energetiche e cruciale per la connettività eurasiatica. Al contrario, avanza una prospettiva di sviluppo regionale interna: l’ipotesi di una confederazione centroasiatica, intesa come strumento di stabilizzazione, di rafforzamento dell’identità geopolitica regionale e di emancipazione da logiche di pura vassallizzazione. In questo senso, l’articolo ricolloca la regione in una prospettiva di cerniera tra due spazi strategici: da un lato il Mediterraneo allargato — con la sua storia di crocevia commerciale, culturale e ora anche energetico — e dall’altro l’heartland eurasiatico.
L’idea di una confederazione centroasiatica viene qui letta non come un ritorno a formule panasiatiche astratte, ma come una risposta funzionale alle sfide del nuovo ordine internazionale multipolare: un progetto di governance intra-regionale in grado di articolare una voce propria nella negoziazione dei grandi corridoi infrastrutturali, nell’equilibrio tra superpotenze e nelle politiche di sicurezza. Questo passaggio, per analisti geopolitici e studiosi di relazioni internazionali, è tra i contributi più stimolanti dell’intero fascicolo, perché restituisce alla regione centroasiatica un ruolo non solo passivo ma proattivo, come soggetto di coesione e sviluppo condiviso in uno scenario globale sempre più frammentato.
Gli articoli di Giovani Cominelli e Riccardo Cristiano sul nuovo papa, Leone XIV, sono un approfondimento di teologia politica di forte interesse per chi studia il ruolo delle religioni nel sistema internazionale. Si mette in evidenza come Leone XIV, pur segnando una discontinuità simbolica con Francesco — recuperando segni liturgici e retoriche di autorità — continui la spinta sinodale e missionaria, configurando la Chiesa come potenza spirituale che interviene nel vuoto lasciato dall’ONU in crisi. Una riflessione di grande attualità per chi analizza il soft power vaticano come attore di mediazione in un contesto di disordine geopolitico.
Il dossier su Anna Kuliscioff, curato da studiosi come Nicola Del Corno, Marco Trotta e Walter Galbusera, è il cuore storico del numero e un importante contributo alla riscoperta di una figura troppo spesso compressa nella memoria socialista italiana. La rievocazione della sua opera — come medico, attivista per i diritti delle donne, riformista intransigente ma non massimalista — illumina una traiettoria di pensiero che, cento anni dopo, fornisce ancora spunti per interrogare la crisi del lavoro, la debolezza delle rappresentanze e la necessità di una nuova questione sociale. Per politologi e storici delle dottrine politiche, si tratta di un materiale prezioso per alimentare un dibattito sul socialismo riformista come via d’uscita dal disincanto neoliberista.
Completano il fascicolo articoli di rilievo sui rischi e le opportunità dell’intelligenza artificiale (Lucia Abbatantuono), sull’urgenza di un’economia circolare come opzione strategica (Edo Ronchi) e sulla tensione tra istruzione ed estremismo di destra in Europa (Anja Giudici, Alexandra Leitão). Contributi puntuali, che collegano dinamiche globali e riflessi interni, confermando la cifra progressista e riformista della rivista.
Mondo Operaio 6/2025 è una lettura imprescindibile per chi voglia coniugare riflessione storica, visione critica delle politiche nazionali e apertura ai grandi scenari geopolitici emergenti. La proposta di un’ipotesi confederativa centroasiatica e la lettura di questa regione come cerniera tra Mediterraneo ed heartland sono elementi che rendono il numero di particolare interesse per studiosi di sistemi internazionali, analisti di aree regionali e decisori di politica estera. Una prova di come la cultura socialista, interpretata nella sua vena riformista, possa ancora oggi essere uno strumento di comprensione e di progettualità per un mondo più policentrico e meno gerarchizzato.
