Autore: Alessandro Giorgetta – 04/06/2025
Le basi normative internazionali delle sanzioni economiche nei confronti della Federazione Russa
Alessandro Giorgetta
In questo articolo si vuole fornire una panoramica unitaria del quadro sanzionatorio UE e statunitense in relazione alla crisi bellica ucraina, ponendo in luce la portata pratica delle misure di c.d. “congelamento” attuate contro la Federazione Russa e le ipotesi di sequestro diretto o parziale (tramite tassazione degli interessi), offrendo al contempo una analisi complessiva delle prospettive legate all’applicazione di queste misure in un contesto di conflitto armato su larga scala.
1. Contesto
A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina è stata adottata una serie di misure restrittive per bloccare l’accesso della Federazione Russa alle proprie risorse finanziarie detenute all’estero. Tali misure riguardano in modo diretto gli asset della Banca Centrale Russa (RCB), stimati in centinaia di miliardi di dollari, che sono stati “congelati” nel tentativo di limitare le capacità russe di sostenere l’operazione militare e di creare una leva per eventuali negoziati o forme di risarcimento.
Tradizionalmente, gli asset delle banche centrali godono di un regime di ampia immunità, basato su principi di sovranità statale. Tale affermazione si fonda su un insieme di fonti normative e prassi consolidate e non solo sul principio “Par in parem non habeat iudicium”, in virtù del quale uno Stato non può essere sottoposto alla giurisdizione di un suo omologo straniero (da ciò il corollario per cui, oltre allo Stato in quanto persona giuridica, tale principio si estende anche ai beni di proprietà dello stesso e delle sue articolazioni quali le banche centrali) [1]. A livello internazionale, l’art. 21(1) (c) della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni (New York, 2004) sancisce che i beni di una banca centrale o di un’istituzione monetaria di uno Stato sono protetti da misure di esecuzione. Pur non essendo ancora in vigore, tale Convenzione è spesso considerata espressione di principi rilevanti di diritto internazionale consuetudinario. Negli Stati Uniti, il Foreign Sovereign Immunities Act (FSIA) prevede all’art. 1611(b)(1), Titolo 28, che i beni di una banca centrale o di un’autorità monetaria estera detenuti per proprio conto siano immuni da pignoramento o sequestro. Nel Regno Unito, lo State Immunity Act del 1978 (SIA) contempla disposizioni specifiche che tutelano i beni di una banca centrale o autorità monetaria estera. L’idea di fondo è che gli asset delle banche centrali, utilizzati per scopi di politica monetaria e di stabilità finanziaria, non debbano essere oggetto di provvedimenti esecutivi in procedimenti giudiziari ordinari.
Tuttavia, l’eccezionalità della crisi ucraina ha spinto l’Unione Europea, gli Stati Uniti e altri Paesi a emanare atti normativi e ordini esecutivi volti a congelare tali risorse detenute all’estero.
2. Premessa terminologica
Per congelamento (freezing) si intende l’imposizione di un blocco all’utilizzo e al trasferimento di un bene (ad esempio somme di denaro su conti correnti bancari, titoli o immobili). È tipicamente una misura cautelare o amministrativa. Ha la finalità d’impedire all’avente diritto di disporre dei beni (senza tuttavia privarlo formalmente della proprietà), allo scopo di evitare che egli possa dissipare, trasferire o utilizzare i beni e così vanificare possibili azioni future (ad esempio, l’esecuzione di una sentenza). Nel contesto delle sanzioni internazionali, il congelamento serve a impedire l’accesso a risorse finanziarie e, di conseguenza, a limitare la capacità di un governo (o di un individuo) di realizzare attività illecite. Il congelamento è generalmente temporaneo e può restare in vigore finché sussistono i presupposti che lo giustificano (ad esempio, finché non viene revocata la sanzione o non interviene una decisione giudiziaria definitiva).
Il sequestro (seizure/attachment) indica in generale una misura cautelare di natura giudiziaria (o, più raramente, amministrativa) con cui si sottrae la disponibilità materiale del bene ad un soggetto, collocandolo sotto il controllo dell’autorità competente (giudice, autorità inquirente, ecc.). Nel linguaggio comune coincide spesso con il congelamento (avendone in comune le finalità), ma se ne differenzia poiché a disporlo è l’autorità giudiziaria nell’ambito di un procedimento penale o civile (molto più raramente, come detto, vi provvede una pubblica amministrazione). Ha durata per definizione transitoria, in attesa della decisione finale dell’autorità giudiziaria.
La confisca (forfeiture/confiscation) comporta invece la perdita definitiva della proprietà del bene a favore dello Stato (o, in casi particolari, di altri soggetti indicati dalla legge). È una misura ablativa permanente: il soggetto originario non conserva alcun diritto sul bene, che diventa a tutti gli effetti proprietà pubblica (o viene assegnato a un fondo specifico, ecc.). In contesti di sanzioni internazionali, la confisca può essere utilizzata come strumento per destinare definitivamente i beni a risarcimenti o a finalità di ricostruzione. Può seguire ad un sequestro.
3. Il quadro normativo nell’Unione Europea e negli Stati Uniti
Le sanzioni adottate contro la Russia nell’ambito del conflitto ucraino trovano fondamento sia in fonti di diritto internazionale consuetudinario che ammettono esplicitamente l’utilizzo – anche da parte di paesi terzi – di contromisure contro uno Stato responsabile di un atto illecito internazionale, purché proporzionate alla violazione (artt. 49 e 51 e 54 del Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati per atti illeciti internazionali [2]), sia in fonti di diritto internazionale convenzionale [3].
Il regime sanzionatorio UE nei confronti della Russia consta di una serie di Regolamenti progressivamente aggiornati e ampliati in risposta all’evoluzione.
Tra questi, vi è in primo luogo il Regolamento (UE) n. 833/2014, che ha introdotto misure restrittive iniziali nei confronti della Federazione Russa a seguito dell’annessione, reputata illegale, della Crimea. Si tratta del testo che ha posto le fondamenta per la successiva adozione e l’ampliamento di sanzioni finanziarie e commerciali.In origine, il Regolamento in questione riguardava restrizioni sul commercio di armamenti, di beni a duplice uso (beni “dual-use”) e su taluni servizi finanziari. Nel tempo è stato modificato e rafforzato da ulteriori atti che hanno esteso le restrizioni a nuovi settori e soggetti, in particolare prevedendo il divieto di vendere, trasferire o esportare specifiche categorie di beni e servizi finanziari a entità russe o controllate dalla Russia, imponendo anche limitazioni alla compravendita di titoli emessi da banche e società a partecipazione statale russa. Con l’intensificarsi del conflitto russo-ucraino nel 2022, l’UE ha adottato ulteriori provvedimenti che, integrandosi con il Regolamento (UE) n. 833/2014, hanno consolidato il blocco degli asset russi, incluse le riserve della Banca Centrale Russa (RCB). Il Regolamento (UE) 2022/576 dell’8 aprile 2022 ha imposto l’obbligo di congelare tali asset, inclusi quelli detenuti o controllati dalla Banca Centrale Russa. Rientra in un pacchetto di misure economiche per bloccare l’accesso russo ai fondi finanziari internazionali, rafforzando le disposizioni originariamente contenute nel Regolamento (UE) n. 833/2014. Quindi, il Regolamento (UE) 2022/868 del 3 giugno 2022 e il Regolamento (UE) 2022/1269 del 4 agosto 2022, che – rispettivamente – hanno: (i) esteso il congelamento a ulteriori beni della Banca Centrale Russa, ampliando così la portata delle misure restrittive a tutte le risorse e i fondi sotto il controllo russo nelle giurisdizioni europee, con l’obiettivo è di impedire qualsiasi forma di elusione tramite conti di appoggio o intermediari finanziari; (ii) ulteriormente inasprito il congelamento delle riserve estere russe e introdotto misure restrittive aggiuntive, in modo da garantire la completa effettività delle sanzioni.
Negli Stati Uniti, il potere di imporre sanzioni e congelare i beni di individui e entità straniere deriva principalmente dall’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), che autorizza il Presidente a emanare ordini esecutivi (Executive Orders) con efficacia immediata. Tra questi, si rammenta l’Executive Order 14065 del 24 febbraio 2022, che ha ordinato il congelamento delle riserve estere della Banca Centrale Russa negli Stati Uniti, vietandone l’accesso alle autorità russe. Questa misura ha bloccato risorse finanziarie ingenti, rendendole indisponibili per il governo russo.
Le misure adottate dall’UE (attraverso il Regolamento (UE) n. 833/2014 e i regolamenti del 2022) e dagli Stati Uniti (tramite i vari Executive Orders) sono coordinate per massimizzare l’efficacia del blocco patrimoniale. Difatti, poiché gli asset della RCB, spesso detenuti presso conti esteri, svolgono un ruolo cruciale nella stabilità monetaria, consentendo il pagamento di importazioni, il servizio del debito e l’intervento sui mercati valutari, il congelamento di questi fondi mira a indebolire la capacità della Federazione Russa di finanziare operazioni militari e a costituire un potenziale strumento di pressione.
Dunque, il dibattito su come gestire gli asset congelati della RCB si concentra fondamentalmente su tre tematiche principali.
Il congelamento prolungato consiste nel mantenere bloccati gli asset RCB per un periodo di tempo indeterminato, sfruttandoli come leva per ottenere dalla Russia un risarcimento all’Ucraina o per giungere ad accordi di pace. In quest’ottica, si fa spesso riferimento al principio di “full reparation” stabilito dall’art. 31 del già menzionato Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati per atti illeciti internazionali, secondo il quale lo Stato responsabile di un atto illecito internazionale ha l’obbligo di riparare integralmente il pregiudizio causato. Il pregiudizio comprende qualsiasi danno, sia materiale che morale, derivante direttamente dall’atto internazionalmente illecito dello Stato.
Le forme della riparazione sono la “restituzione” (restitution – art. 35, ossia il ripristino dello “status quo ante”), il “risarcimento” (compensation – art. 36: quando la restituzione non è possibile o sufficiente, lo Stato responsabile deve corrispondere un risarcimento proporzionato al danno subito) e la “soddisfazione” (satisfaction – art. 37, che si applica nei casi in cui la restituzione o il risarcimento non siano possibili o a adeguati, e può includere scuse formali, riconoscimenti di violazione del diritto internazionale o altre forme di riparazione non economica).
Il sequestro diretto, vale a dire trasformare il congelamento in una vera e propria confisca a vantaggio dell’Ucraina, ha lo scopo di finanziare la ricostruzione e fornire assistenza umanitaria. Questa proposta, avanzata in alcune giurisdizioni – per esempio, negli USA con il REPO (Rebuilding Economic Prosperity and Opportunity) for Ukrainians Act – si scontra con le tradizionali immunità riconosciute alle banche centrali, ma trova potenziale legittimazione nell’uso delle contromisure, qualora si qualifichi l’aggressione russa come violazione grave del diritto internazionale.
Le tradizionali immunità riconosciute alle banche centrali si basano principalmente sul principio dell’immunità sovrana, che protegge gli asset degli Stati da misure coercitive di altri Stati, compreso il sequestro o la confisca: questo principio è sancito sia a livello consuetudinario sia in vari strumenti di diritto internazionale e nazionale.
Oltre alle norme richiamate in premessa (l’art. 21(1)(c) della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, il FSIA statunitense e lo State Immunity Act del Regno Unito), nella giurisprudenza internazionale si annoverano la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia (CIJ) nel caso Germania c. Italia (2012), che ha ribadito il principio secondo cui gli asset di uno Stato godono di immunità sovrana e non possono essere soggetti a confisca o sequestro da parte di tribunali nazionali (il caso muove dalla sentenza della Cassazione del 2004 relativa al caso “Ferrini”, in cui la Corte ha ritenuto che la Germania non avesse titolo per invocare l’immunità di fronte ai crimini di guerra commessi durante la seconda guerra mondiale).
[1] Il brocardo “Par in parem non habet iudicium” (o “jurisdictionem”) – “Non si ha giurisdizione tra eguali” - afferma il principio di diritto internazionale consuetudinario secondo cui nessuno Stato (e con esso le sue articolazioni) può esercitare la sua giurisdizione su un altro Stato sovrano. Tuttavia, tale immunità giurisdizionale non si estende alle attività di natura privata, le quali restano soggette alla legislazione e alla giurisdizione dello Stato ospitante. Inoltre, l’immunità può subire restrizioni o essere revocata in circostanze che comportino gravi violazioni dei diritti umani o di norme imperative del diritto internazionale. Infatti, l’immunità non si applica a tutti gli atti compiuti dallo Stato, ma solo agli atti iure imperii, ovvero quegli atti compiuti dallo stato nell’esercizio dei propri poteri sovrani. Dal regime di immunità restano quindi esclusi, come detto, gli atti iure gestionis, ovvero gli atti a carattere privatistico. In tal senso si può parlare di immunità relativa dello Stato e non invece di immunità assoluta. Il principio ha la funzione di proteggere da ingerenze l’esercizio del potere statale straniero, sia nella dimensione interna sia in quella esterna, e copre tanto i mezzi utilizzati per esplicitarlo quanto gli atti che ne costituiscono il risultato (R. Quadri, La giurisdizione sugli Stati stranieri, Milano, 1941, p. 95 ss.). Come noto, la norma di diritto internazionale generale relativa all’immunità ristretta è stata codificata, dapprima, nella Convenzione europea sull’immunità degli Stati (c.d. Convenzione di Basilea), adottata dal Consiglio d’Europa nel 1972 (ratificata solo da otto Stati, tra cui non figura l’Italia), e successivamente nella già citata Convenzione sull’immunità dalla giurisdizione degli Stati e dei loro beni (ratificata dall’Italia con legge 14 gennaio 2013, n. 5).
[2] Draft Articles on the Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts (“ARSIWA”) adottato dalla Commissione di Diritto Internazionale nel 2001. La International Law Commission (ILC), composta da 34 membri riconosciuti per la loro competenza ed eletti ogni cinque anni dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha il compito di codificare il diritto internazionale. È composta da e qualifiche in diritto internazionale.
[3] Oltre alle norme consuetudinarie, il diritto pattizio fornisce una base giuridica per le sanzioni. In particolare, l’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite (1945) prevede che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU possa imporre sanzioni economiche e diplomatiche per mantenere la pace e la sicurezza internazionale (a causa del veto della Russia, il Consiglio di Sicurezza non ha potuto adottare sanzioni contro Mosca). Anche la Convenzione dell’ONU sull’immunità giurisdizionale degli Stati e dei loro beni (2004), pur sancendo l’immunità degli Stati, lascia spazio a misure restrittive nel contesto delle contromisure.
Alessandro Giorgetta – Professore di Diritto Commerciale, Diritto Internazionale dell’Economia e Diritto dell’Intelligenza Artificiale presso l’Università degli Studi di Roma Guglielmo Marconi. Già Professore straordinario ex art. 1, c. 12 L. n. 230/2005 per «l’elevata qualificazione scientifica e professionale». Avvocato cassazionista specializzato in diritto societario e finanziario, normativa antiriciclaggio, responsabilità contabile (difesa innanzi alla Corte dei Conti). Componente di commissioni aggiudicatrici nell’affidamento di contratti pubblici. Componente dell’Istituto per il Governo Societario.